La cittadinanza.
- Alessandro Morelli
- 11 minuti fa
- Tempo di lettura: 3 min
Tra Referendum e Decreto cittadinanza
Ma voi lo mettete lo “YANIS” intoppa alla pizza?
La domanda fatta all’interno del podcast “growingupitalian”, in un italo-americano storpiato, è diventata un vero e proprio trend con gli utenti italiani che si sono divisi, non tanto sulla risposta alla domanda (su cui spero siamo tutti più o meno d’accordo) ma sull’obiettivo che questo podcast porta avanti:
Da un lato c’è chi supporta l’iniziativa, elogiando l’attaccamento alle radici, più o meno lontane, degli ospiti del podcast; mentre dall’altro c’è chi vede nel podcast una caricatura, quasi folkloristica, della cultura e della lingua italiana con la ripetizione di stereotipi e modi di parlare più simili a una parodia del “Padrino” che alla realtà del Belpaese.
Ora non credo sia il caso di entrare nella diatriba social ma vorrei porre il focus su ciò che rende legalmente italiana una persona, la cittadinanza.
Il dibattito sulla cittadinanza porta con sé le stesse dinamiche dell’agorà social: c’è chi vorrebbe vedere allargato il concetto di “italiano”, allentando i requisiti per ottenerne lo status, e chi custodisce gelosamente “l’identità italiana” e pretende che gli standard siano il più stringente possibile.
Legalmente c’è chi crede sia necessario un legame di sangue (ius sanguinis), chi un legame con la terra (ius soli) e chi un legame culturale (ius culturae/scholae).
La cittadinanza è destinata ad essere un argomento caldo della politica italiana, almeno fino a giugno, quando i cittadini saranno chiamati ad esprimersi sul quesito referendario, proposto da +Europa, sull’abbassamento da 10 a 5 gli anni di residenza legale richiesti per avanzare la richiesta di cittadinanza italiana che, una volta ottenuta, sarebbe automaticamente trasmessa alla propria prole.
Al contempo il governo, con Lega e Fratelli d’Italia contrari al referendum e Forza Italia sul ni, ha emanato un decreto-legge (Decreto Cittadinanza) per riformare le regole per ottenere la cittadinanza italiana con lo ius sanguinis attraverso il quale una persona può essere riconosciuta come italiana se è discendente di un cittadino italiano.
In particolare il decreto renderà la procedura di acquisizione della cittadinanza “per sangue” molto più difficile:
Per richiedere la cittadinanza italiana è necessario essere discendenti diretti di cittadini italiani fino ai nonni. Quindi coloro che hanno bisnonni o avi più lontani di origine italiana non possono più avanzare richiesta di cittadinanza basata sullo ius sanguinis.
Requisito minimo di conoscenza della lingua italiana pari al B1 del Quadro Comune Europeo di Riferimento per le Lingue
Un periodo minimo di 3 anni di permanenza legale in Italia
Seppur le due proposte sembrano andare in direzioni opposte, infatti una limita mentre l’altra allarga la possibilità di acquisire la cittadinanza, entrambe sottolineano una cosa:
Lo Ius sanguinis, per come è costituzionalmente garantito, è obsoleto.
Le due proposte infatti sono pragmatiche, basate sulla realtà attuale e non ideologiche:
Lo Ius sanguinis, nell’immediato secondo dopoguerra, era una scelta dettata dalla necessità di mantenere attaccati allo Stivale i milioni di emigranti e rispettivi discendenti; l’Italia di allora non era infatti un punto d’approdo delle migrazioni, ma piuttosto un punto di partenza verso il Nord-Europa e, soprattutto, il continente americano.
Per renderci conto del fenomeno migratorio italiano verso l’estero, ci basti pensare che solamente dal 1876 e il 1915 sono emigrati, senza far ritorno, 19.000.000 di italiani, poco meno di un terzo della popolazione italiana attuale.
Possiamo citare invece un altro dato sulla cittadinanza italiana all’estero: in Argentina, su una popolazione di 45 milioni di persone più di un milione e mezzo di persone ha la cittadinanza italiana, mentre i discendenti arrivano addirittura a 25 milioni.
A prescindere dal pensiero che chiunque possa avere sulla questione è chiaro che sia necessario aggiornare i parametri e imprimere un cambio di passo.

ATTENZIONE L’ITALIA STA SPARENDO
Oltre alla questione ideologica, urge una visione pragmatica su un problema serio, la denatalità, il conseguente aumento dell’età media e il “rischio estinzione".
Anche qui è necessario citare qualche dato per
I nati nel 2023 sono stati per la prima volta meno di 400.000 dall’Unità d’Italia
l’età media ha superato i 46 anni
Dal 2018 la popolazione italiana è calata di 1.000.000 di unità (da 59,8 milioni del 2017 a 58,8 del 2025)
Dati spaventosi.
A PRESCINDERE DA COME LA PENSIATE,
L’8 E IL 9 GIUGNO
VOTATE, VOTATE, VOTATE

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