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L’arresto di Cecilia Sala

  • Lorenzo De Luca
  • 7 gen
  • Tempo di lettura: 5 min

Una trattativa politica sulla pelle di una giornalista

La detenzione della giornalista italiana in Iran ha lasciato più di qualche perplessità: l’accusa formalizzata dal Regime iraniano sovrabbonda di termini vaghi e indefiniti che lasciano trasparire un secondo fine dietro all’arresto, ma cerchiamo di fare un riassunto.


Chi è Cecilia Sala?

Giornalista, nata a Roma, specializzata in politica estera ha cominciato a navigare in ambienti giornalistici come inviata di LA7 per poi diventare una giornalista professionista ed arrivare a collaborare con la RAI, l’Espresso ed altre testate giornalistiche assai importanti. Si trovava a Teheran, quando il 19 dicembre 2024 è stata arrestata nel suo albergo mentre lavorava ad alcune puntate del suo nuovo podcast Stories; in cui aveva precedentemente raccontato diverse storie di donne vittime del patriarcato in Iran. La notizia dell’arresto ufficiale è giunta il 27 dicembre, quando, su delega del ministro degli esteri Italiano Antonio Tajani, l’ambasciatrice italiana residente a Teheran Paola Amadei ha incontrato la giornalista presso la prigione di Evin per sincerarsi personalmente delle sue condizioni.


Perché Cecilia Sala è stata arrestata?

Ripercorrendo l’iter dell’arresto e le motivazioni sorgono non pochi dubbi. Innanzitutto è fondamentale ricordare che la ragazza era munita di un visto giornalistico regolare che le aveva permesso di entrare nel paese e di svolgere la sua attività giornalistica. Come dicevamo l’accusa del regime iraniano è vaga e poco chiara: Cecilia infatti è stata arrestata per la “ violazione delle leggi della Repubblica Islamica”.

A nulla sono serviti gli appelli della Farnesina a fare chiarezza sulle accuse che ha soltanto ricevuto silenzi. La motivazione e la sua vaghezza lasciano spazio a varie interpretazioni, innanzitutto il suo fermo a Teheran rappresenta un duro colpo alla libertà di stampa, evidenziando ancora una volta le difficoltà per la classe giornalistica di operare nei regimi autoritari, i precedenti in Medio Oriente sono illustri: dall’efferato omicidio del giornalista saudita Jamal Khashoggi, probabilmente commissionato dal principe ereditiero e primo ministro dell’Arabia Saudita Mohammad bin Salman, al trattamento riservato da Israele ai giornalisti sulla Striscia di Gaza, secondo il Committee to Protect Journalists dal 7 ottobre di un anno fa ne sono stati uccisi almeno 128 e Reporters Sans Frontières accusa esplicitamente Israele di aver "orchestrato un blackout mediatico su una regione in guerra".


Ma dietro l’arresto sembrerebbe celarsi in realtà un disegno ben preciso del regime iraniano: negoziare con le autorità italiane, e soprattutto statunitensi, per arrivare alla liberazione del cittadino iraniano Mohammed Abedini (38 anni), arrestato in Italia.


Ma qual è il ruolo del cittadino Iraniano e perché il destino di Cecilia è intrecciato con il suo? Come sopracitato, l’ingegnere Iraniano è stato arrestato all’aeroporto di Malpensa il 16 dicembre 2024 dalle autorità italiane in esecuzione di un mandato di cattura internazionale emesso dagli USA, che ora ne chiedono l’estradizione, con l’accusa di aver concluso affari con il corpo dei guardiani rivoluzionari Iraniani (I Pasdaran) e di aver indirettamente contribuito a fornire tecnologie necessarie a compiere un attacco con droni che, a fine Gennaio scorso, uccise tre soldati americani in Giordania. L’accusa ha quindi una matrice terroristica in quanto i Pasdaran sono riconosciuti dalla Casa bianca e da altri paesi come un’organizzazione terroristica a tutti gli effetti, ma non dall’Italia.


La trattativa e il ruolo USA

Nonostante il portavoce del ministero degli Esteri Iraniano, Esmail Baghaei, abbia scongiurato la possibilità di un collegamento fra i due arresti, dagli eventi narrati si evincono le posizioni dei tre stati coinvolti nella “trattativa”: l’Italia e Cecilia Sala al centro di un braccio di ferro tra Iran e Stati Uniti. Cosa chiedono in particolare le parti

  • Gli USA chiedono l’estradizione del cittadino Iraniano nel proprio paese.

  • L’Iran ha chiesto esplicitamente all’Italia di non consegnare Abedini agli USA, di farlo rientrare a Teheran e di concedergli i domiciliari.

  • L’Italia vuole ottenere la liberazione di Cecilia Sala al più presto.


L’ipotesi del ritorno a Teheran di Abedini scontenta gli USA, mentre per la richiesta degli arresti domiciliari la Corte d’Appello di Milano ha fissato un’udienza il 15 Gennaio. Ciò che allarma Italia e USA riguardo agli arresti domiciliari è la possibilità che l’ingegnere iraniano possa fuggire: per i legali di Abedini l’indicazione di un appartamento con garanzia del consolato basterebbe a fugare i dubbi sulle possibilità di fuga, se non fosse che l’appartamento proposto disti solo tre chilometri dal consolato stesso. In questa situazione delicata, spicca l’incontro lampo avvenuto tra Giorgia Meloni e Donald Trump: la premier italiana si è ritenuta soddisfatta, ribadendo come la questione di Cecilia sia d’interesse nazionale e manifestando una perfetta sintonia con gli USA, aspettandosi una linea “non radicale” sulla questione.


L’incontro ha provocato reazioni all’interno della politica italiana: il ministro degli esteri Antonio Tajani non ha gradito la genesi di un viaggio non comunicato e non condiviso ma da palazzo Chigi fanno sapere che l’urgenza Sala ha spinto la premier ad agire in modo immediato. Inutile specificare quanto sia fondamentale per Meloni risolvere la crisi diplomatica, la leader di Fratelli d’Italia si trova ad affrontare il caso di politica estera più spinoso da quando siede a Palazzo Chigi che rischi di sminuire la sua figura di “domina” della politica internazionale che ha confezionato negli ultimi mesi.


La figura della donna e la libertà d’espressione in Iran.

Aldilà delle questioni diplomatiche riferite all’interno dei paragrafi precedenti, è fondamentale analizzare questi due concetti in relazione alla vicenda. Sappiamo come la giornalista italiana si trovi nel carcere di massima sicurezza di Evin, dove vengono rinchiusi la maggior parte dei prigionieri politici.

Cecilia non è né la prima né l'ultima donna ad esservi imprigionata: a 2 anni dallo scoppio del movimento “Donna, Vita, libertà” gli attacchi e la repressione contro donne e ragazze in Iran continuano. Decine di attiviste e attivisti, difensori dei diritti umani, sono incarcerati con accuse generiche di essere “pericolosi per la sicurezza nazionale” o per aver “ violato la legge islamica”. Solo nel 2024 le autorità iraniane hanno arrestato 644 donne per l’uso improprio del velo, a testimonianza dello stato d’arretratezza nei diritti civili che caratterizza il paese, a testimonianza di ciò l’Iran si posiziona al 143 posto su 146 per l’avversità manifestata nei confronti delle donne.


Le donne iraniane sono quindi sottoposte ad una repressione sistemica, che si perpetua anno dopo anno: il codice civile iraniano non prevede una legge che condanni la violenza domestica, né tantomeno che prevenga gli abusi sulle donne. Inoltre come in molti altri paesi di radice islamica, l’uso del velo è obbligatorio e delle infrazioni minori potrebbero portare a punizioni pesanti e dure da scontare. Proprio come successo a Masha Amini la cui morte, mentre si trovava sotto la custodia della polizia, ha portato all’ondata di proteste di massa nel biennio 2022-2023 citate prima. Oltre all’avversione per i diritti civili, anche la libertà di stampa ed espressione sono vietate: l’Iran,secondo l’edizione annuale del Freedom to Write Index, imprigiona il più alto numero di attiviste e scrittrici del mondo ed è il secondo paese più pericoloso al mondo per chi professa giornalismo. Numeri impietosi. Proprio questo raccontava Cecilia prima di essere arrestata dalle autorità iraniane e speriamo possa tornare presto a farlo, per tutte e tutti.

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